lunedì 7 maggio 2018

TEATRO PATOLOGICO DI DARIO D'AMBROSI A ROMA E NEL MONDO

Teatro Patologico, Roma - Associazione Culturale
Presentazione corso universitario "Teatro integrato dell'emozione"
D'Ambrosi: Basaglia voleva che matti fossero integrati 

AL TEATRO AL PARCO DI VILLA MARAINI IN ROMA
DIRETTO DA DARIO D'AMBROSI:

La Repubblica
– Maria Pia Fusco, Colpa del Tempo, La Repubblica/Roma, 22/3/1989. (?)
– Paola Ermini, Quattro piani di follia, La Repubblica/Trovaroma, 12-18/5/1989.
– Nico Garrone, La rassegna Quattro piani di follia, La Repubblica/Roma, 3/5/1990.
– Nico Garrone, Primeteatro: Gran teatro da elettroshock, La Repubblica/Roma, 20-21/5/1990.


Metropolit
– Paolo Ruffini, Corrispondenze Sepolcrali, Metropolit, Gennaio 1994.


Corriere del Giorno
– Appuntamento con la follia, Corriere del Giorno, 1/5/1990.
Teatro – Antonio Colotta, Quattro piani di follia, Teatro, 15/5/1990. (?)
R in scena
– V. P., Il Patologico come cantiere, Teatro, 15/5/1990. (?)
Sipario
– Il Tunnel di P. Lagerkvist per la regia di A. Macchi, Sipario/Roma, 1-2/1987.
Roma Ieri, Oggi e Domani
– Raffaello Avanzini e Rita Cavalli, Il custode del sepolcro, Roma Ieri, Oggi e Domani, .
Infernetto
– Il custode del sepolcro, Spettacolo, Gennaio 1994. 

Roma Circoscrizione
– Claudia Masia, Il regista Alberto Macchi racconta il fortunoso ritrovamento, Roma Circoscrizione/IX, Dic.1993.



Roma Giorno & Notte
– Francesca Paci, Macchi da legare, Roma Giorno & Notte, 24-30/5/1995. 
 
Il Giornale dello Spettacolo
– L’unica opera teatrale di Kafka, Il Giornale dello Spettacolo, 21/1/1994. 
 
Roma di Scena
– Il custode del Sepolcro – Der Gruftwächter, "Roma di Scena", Gennaio 1994. 

Numero 1
– Giacomo Carioti, Ma quel sipario è patologico, Numero 1, Maggio 1990.



L’Espresso
– Federico Umberto D’Amato e Luciano Filippi, Kafka alla Carbonara, L’Espresso 14/1/1994.

 


RECENSIONI:


“PRIMA CHE IL SONNO COMINCI”: Sentiamo cosa dice Alberto Macchi, regista di uno degli spettacoli, prestigioso uomo di teatro che nella sua carrieraha ricevuto diversi premi e, non di rado organizza rassegne per anziani e handicappati. “Penso che queste due settimane a Villa Maraini abbiano avuto un significato preciso: sensibilizzare l’opinione pubblica per far comprendere che esistono posti come questi, che sono stati creati per proteggere questa gente che vive in estrema difficoltà. Con la legge 180 e la conseguente chiusura dei manicomi, non si deve pensare che sia risolto il problema. Qui ho visto operatori che si adoperano veramente per aiutare i ragazzi; noi stessi durante le prove ci siamo trovati a vivere quelle realtà insieme a loro ... e li abbiamo visti anche più felici tutto sommato. È stata sicuramente una esperienza di vita importante, a prescindere dall’impegno teatrale. E come ho vissuto io queste amare realtà, così le ha vissute il pubblico che è venuto, ha visto questi ambienti, qeste strutture fatiscenti e, di contro, operosità della gente, dei malati, entrando proprio nelle stanze, nelle camerate, nei corridoi”. Insomma in tutti e “quattro i piani di follia” che compongono il centro. (Pino Ciociola, Avvenire, 13/5/1990)

“PRIMA CHE IL SONNO COMINCI”: Gran teatro da elettroshock. Pura follia ospedaliera in quattro piani. Visivamente ben risolto dal regista Alberto Macchi che ha guidato gli spettatori in un percorso da Villa dei Misteri, attraverso vari ambienti e piani ‘Prima che il sonno cominci’ di Massimo Cassani rappresentava visioni e colloqui immaginari a tre passi dal delirio di uno schizofrenico diviso fra un’identità umana e volatile d’uccello interpretato dal bravo Gianluca Bottoni insieme a Paolo Londi, Pierpaolo Lopatriello e Federica Morrone. (Nico Garrone, La Repubblica/Roma, 20-21/5/1990)

“PRIMA CHE IL SONNO COMINCI”: Con la regia di Alberto Macchi, è un labirintico viaggio attraverso la psicosi e i vani della villa, con la guida di una maschera-assistente-boia e con il corvo della follia in disperata ricerca di un’anima che lo accolga. (Marco Caporali, L’Unità/Roma, 20/5/1990)

"QUANDO NOI, MORTI, CI DESTIAMO": Ma quel sipario è patologico. La regia di Macchi e l’attenta e rarefatta interpretazione dei bravi attori, consegue un efficace risultato di atmosfera incombente sulla narrazione e sovrastante perfino il sommesso dialogo. Un lavoro interessantissimo e raro, e di ansioso fascino. (Giacomo Carioti, Numero 1, Maggio 1990)

“IL CUSTODE DEL SEPOLCRO”: Corrispondenze sepolcrali. Da via Ramazzini per arrivare al teatro al Parco bisogna percorrere un viale perimetrato da piante di alto e medio fusto, è notte, le indicazioni lasciano a desiderare, ma d'altronde, “la ritualità inizia dal momento in cui si valica la cancellata di accesso”, dice Alberto Macchi il regista. Dobbiamo necessariamente impregnarci di questa tetraggine. Siamo dentro Villa Maraini, nell’oscurità assoluta. Una sorta di Castello kafkiano per un dramma kafkiano. Raggiungiamo alcuni caseggiati che tanto ricordano casali dell’Argo, quelli che si incrociano anche fuori porta. Al centro di una delle facciate incute reverenza una ‘mandorla’ con lo stemmone papale. Veniamo raggiunti da un tizio che ci farà da guida illuminata; è in possesso di torcia elettrica. Meno male. Lo spazio scenico, benché piccolo, è dignitosissimo, con gratinate e uscita di sicurezza che funge anche da finestra nella scenografia (la finestra sul cortile, dalla quale si assiste alla vita?). Quella che abbiamo di fronte è l’idea d’una stanza inizi secolo (ma è solo un accenno, tutto il resto lascia l’immaginazione vagare nell’atemporalità), sul fondo ci sono aste flessibili piantate in terra, l’impressione è di essere al di là di una gabbia; non sappiamo se dentro o fuori. Noi comunque siamo gli spettatori, nessun pericolo, verrebbe da dire. (Paolo Ruffini, Metropolit, Gennaio 1994)

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